L'articolo 26 del Decreto IVA consente la variazione in diminuzione nell'ipotesi di mancato pagamento a seguito di procedure esecutive rimaste infruttuose o a seguito di procedure concorsuali, con specifico riferimento alle quali, il Decreto Sostegni-bis ha apportato significative modifiche, tuttavia applicabili alle procedure avviate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 26 maggio 2021.

Il nuovo comma 3-bis – introdotto nell’articolo 26 del Decreto IVA dall’articolo 18, comma 1, lettera b), del Decreto Sostegni-bis – prevede che la disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 26 D.P.R. 633/1972, ovvero l'emissione di una nota di variazione IVA, si applica " ... in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente:

a) a partire dalla data in cui quest'ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 , o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

b) a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose."

Lo stesso comma 3-bis individua, altresì, con riferimento alle procedure di cui alla lettera a), la data a partire dalla quale la variazione può essere operata.

Nello specifico, qualora il mancato pagamento sia dovuto all’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, la variazione conseguente può essere operata, ai sensi del combinato disposto dei nuovi commi 3-bis e 10-bis, a partire dalla data di apertura della procedura concorsuale (senza quindi attenderne l’esito), ossia la data:

  • della sentenza dichiarativa del fallimento;
  • del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
  • del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
  • del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Resta fermo, invece, ai sensi del comma 3-bis, che tale diritto è esercitabile dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis della legge fallimentare, ovvero dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), della medesima legge fallimentare.

Inoltre è stabilito che qualora siano attivate "procedure esecutive individuali", la variazione in diminuzione resta sempre subordinata all’esito infruttuoso delle medesime. In tali ipotesi, ai sensi del comma 12 dell’articolo 26 del Decreto IVA  il creditore dovrà attendere il verbale di pignoramento da cui risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare (nel caso di pignoramento presso terzi), o il verbale di pignoramento dal quale risulti la mancanza di beni da pignorare o l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore o la sua irreperibilità (nel caso di pignoramento di beni mobili), o, infine (qualora si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità), dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta.

Tali sopracitate disposizioni sono volte a consentire al cedente del bene o prestatore del servizio di recuperare, attraverso il meccanismo della variazione in diminuzione, in conseguenza dell'insolvenza del debitore e dell'infruttuosità dell'azione esecutiva, sia essa individuale che collettiva, esperita nei confronti dello stesso debitore, l'imposta versata anticipatamente all'Erario.

Disciplina ante 26 maggio 2021

Per le procedure concorsuali avviate prima del 26 maggio 2021, il testo previgente del citato articolo 26 prevedeva, la facoltà, in capo al cedente/prestatore, di rettificare in diminuzione l’imposta applicata quando l’operazione viene meno o se ne riduce l’ammontare imponibile in conseguenza di mancato pagamento comprovato da procedure esecutive individuali o procedure concorsuali rimaste infruttuose (con la definitiva conclusione delle procedure stesse), da accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) o piani attestati ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), della citata legge fallimentare.

In particolare, con diversi documenti di prassi (circolare 17 aprile 2000, n. 77; risoluzione 12 ottobre 2001, n. 155; risoluzione 18 marzo 2002, n. 89; risoluzione 16 maggio 2008, n. 195), è stato chiarito che affinché sorga in capo al fornitore la facoltà di procedere a una variazione in diminuzione a causa del mancato pagamento di uncredito, è necessario che il creditore abbia esperito tutte le azioni volte al suo recupero senza trovare soddisfacimento.

Pertanto nel caso di procedure concorsuali, è necessario che:

  1. la procedura sia iniziata, ovvero sia stato posto in essere, almeno, il primo atto tipico (ad esempio, la sentenza dichiarativa del fallimento) con il quale la stessa si instaura;
  2. il creditore si sia insinuato al passivo della procedura;
  3. tale procedura si sia conclusa infruttuosamente, vale a dire, per ciò che attiene al fallimento, che sia scaduto il termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato (articolo 110 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di seguito anche "legge fallimentare") ovvero, in assenza del piano di riparto, sia scaduto quello per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso, previsto dall'articolo 119 della legge fallimentare. (cfr., da ultimo, la risposta all'istanza di interpello n. 17 del 2020).

A tal riguardo la circolare n. 77/E del 2000 ha chiarito che, la facoltà di emettere la nota divariazione può comunque essere esercitata «solo dopo la conseguita certezza della rilevata infruttuosità del credito, ritenendosi che tale comportamento debba essere successivo alla definitività del piano di riparto dell'attivo predisposto dal curatore o dal commissario liquidatore, poiché è solo in tale momento che il creditore ha la certezza giuridica della quantificazione del proprio credito», ovvero, di quanto riuscirà a recuperare dalla procedura e, conseguentemente, di quanto resterà insoddisfatto.

Inoltre secondo i precedenti, secondo cui la nota di variazione in diminuzione è emessa in subordine alla “necessaria partecipazione del creditore al concorso” ovvero risultava preclusa preclusa al cedente/prestatore (creditore) che non abbia effettuato l’insinuazione al passivo del credito corrispondente. (cfr. circolare n. 77/E del 17 aprile 2000, paragrafo 2.a, nonché risoluzioni n. 155/E del 12 ottobre 2001, n. 89/E del 18 marzo 2002 e n. 195/E del 16 maggio 2008).

Disciplina post 26 maggio 2021

Per le procedure concorsuali avviate dopo il 26 maggio 2021 con le nuove previsioni, di cui all’articolo 18 del decreto “Sostegni-bis”, il legislatore, recependo gli orientamenti della Corte di giustizia U.E. ha modificato nuovamente l’articolo 26 del decreto IVA, andando incontro alle esigenze di quei creditori che, a causa delle lungaggini amministrative legate alle procedure concorsuali avviate in capo al debitore, oltre a dover intervenire nelle stesse ai fini del soddisfacimento delle proprie pretese, si vedevano anche inevitabilmente incisi, fino alla chiusura della procedura, di un imposta pagata al Fisco e non incassata.

Come anche chiarito dalla circolare n. 20/2021, la nuova disciplina prevede, per le procedure avviate dal 26 maggio 2021, che qualora il cessionario/committente (debitore) sia sottoposto dagli organi giurisdizionali a fallimento, il creditore possa emettere la nota di credito per l’intero importo e, conseguentemente, detrarre l’imposta versata e non incassata, già a decorrere dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento.
Così facendo, con l’apertura della procedura in capo al cessionario/committente inadempiente, l’imposta rimane interamente a carico dell’Erario sino alla chiusura della procedura. La nuova disciplina prevede infatti che, a fronte dell’emissione della nota di variazione da parte del creditore, e della sua annotazione nel registro degli acquisti, la procedura non è più tenuta alla corrispondente registrazione della stessa nel registro delle vendite o dei corrispettivi, con l’effetto che questa non sarà più tenuta al versamento dell’imposta scaturente dalla variazione.

La variazione immediata effettuata dal cedente/prestatore, tuttavia, non può ritenersi definitiva. Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 26 prevede infatti che nel caso in cui, successivamente all’emissione della nota di credito per l’intero importo, il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, dalla procedura, il cedente/prestatore sarà tenuto a emettere la nota di variazione in aumento in relazione all’ammontare effettivamente percepito. 

Termine per l'emissione della nota di variazione in caso di procedura concorsuale

In merito al giorno in cui scade il termine per l'emissione della nota di variazione in diminuzione - da cui dipende lo spirare del diritto alla detrazione della relativa imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 19, comma 1, e 26 del Decreto IVA - e all'individuazione della dichiarazione annuale in cui far confluire detta nota, la recente circolare 29 dicembre 2021, n. 20/E al paragrafo 3, precisa che: 

- "Il diritto alla detrazione può, [...], essere esercitato entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui si sono verificati entrambi i menzionati presupposti e con riferimento al medesimo anno".

- "[...], a parziale modifica e integrazione di quanto già chiarito con la circolare n. 1/E del 2018 (cfr. paragrafo 1.5), i principi sopra richiamati - n.d.r. in tema di esercizio del diritto alla detrazione - si applicano anche con riferimento alla detrazione dell'IVA relativa alla nota di variazione in diminuzione, nel senso che emessa tempestivamente detta nota - entro il termine di presentazione ordinario della dichiarazione annuale IVA relativa all'anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione - "l'imposta detratta confluirà nella relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento". Rileva, in altre parole, ai fini della detrazione, anche il momento di emissione della nota di variazione, che rappresenta il presupposto formale necessario per l'esercizio concreto del diritto.
Volendo esemplificare, se il presupposto per operare la variazione in diminuzione si verifica nel periodo d'imposta 2021, la nota di variazione può essere emessa, al più tardi, entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno 2021, vale a dire entro il 30 aprile 2022. Se la nota è emessa nel periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2022, la detrazione può essere operata nell'ambito della liquidazione periodica IVA relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa, ovvero direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all'anno 2022 (da presentare entro il 30 aprile 2023)"
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Sintesi

Ciò posto, in caso di mancato pagamento a causa di procedure concorsuali:

- la data a partire dalla quale sono consentiti l’emissione della nota di variazione in diminuzione e, conseguentemente, l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA in capo al cedente/prestatore è quella in cui il cessionario/committente è assoggettato alla procedura stessa;

- la data entro cui emettere la nota di variazione in diminuzione deve essere individuata nel termine per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione, ossia, con particolare riferimento alle procedure concorsuali, entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui viene emanata:

• la sentenza dichiarativa del fallimento;
• il provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
• il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
• il decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi;
 
- la data entro cui esercitare il diritto alla detrazione, invece, deve essere individuata nella data della liquidazione periodica IVA relativa al mese o trimestre in cui la nota viene emessa o, al più tardi, in sede di dichiarazione IVA relativa all’anno di emissione della nota.
 
Gli importi che potranno essere oggetto di variazione in caso di concordato preventivo, a differenza delle altre procedure concorsuali, la parte dei corrispettivi fatturati dai creditori che dovrà essere pagata dai debitori sottoposti a detta procedura è individuata in modo specifico fin dal decreto di ammissione, in forza della peculiare disciplina prevista dalla legge fallimentare.
Da ciò discende, quindi, che il creditore può emettere una nota di variazione in diminuzione solo per la quota di credito chirografario destinata a restare insoddisfatta, in base alle percentuali definite dalla procedura.
 
A maggior chiarimento, si riporta, di seguito, un esempio esplicativo:
 
  • 30 novembre 2021: a seguito della vendita di un bene, il cedente (creditore) emette fattura per operazioni imponibili pari a € 45.000 e imposta per € 9.900, non pagate dal cessionario (debitore);
  • 10 gennaio 2022: sentenza dichiarativa di fallimento del debitore;
  • 10 gennaio 2022: decorrenza del termine a partire dal quale poter emettere la nota di variazione in diminuzione;
  • il creditore emette nota di variazione in diminuzione per € -45.000 e imposta per € -9.900;
Ipotesi 1: il creditore emette la nota di variazione nell’anno 2022:
il diritto a detrazione può essere esercitato al più tardi in sede di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno 2022 (da presentare entro il 30 aprile 2023); per l’effetto, il creditore riduce l’imposta a debito di 9.900 euro.
 
Ipotesi 2: il creditore emette la nota di variazione entro i primi quattro mesi dell’anno 2023 (termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2022):
in tale ipotesi, il diritto a detrazione può essere esercitato nella liquidazione periodica relativa al mese/trimestre di emissione ovvero, al più tardi, in sede di dichiarazione IVA relativa all’anno 2023 (30 aprile 2024); per l’effetto, il creditore riduce l’imposta a debito di 9.900 euro.
 
Obblighi in capo al cessionario/committente
 
Resta invariato il primo periodo del comma 5 dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972, secondo cui, ove il cedente o prestatore si avvalga dell’anzidetta facoltà di operare la variazione in diminuzione, «il cessionario o committente che abbia già registrato l’operazione ai sensi dell’articolo 25, deve in tal caso registrare la variazione a norma dell’articolo 23 o 24, nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa».
 
In base all’ultimo periodo aggiunto al predetto comma 5 del Decreto IVA dall’articolo 18, comma 1, lettera c), del Decreto Sostegni-bis, comunque, tale obbligo di registrare la nota di variazione emessa dal creditore «non si applica nel caso di procedure concorsuali di cui al comma 3-bis, lettera a)». Il curatore o commissario che riceve la nota di variazione, pertanto, non è tenuto ad annotare la corrispondente variazione in aumento nel registro di cui all’articolo 23 o all’articolo 24 del DPR n. 633 del 1972. Ciò implica che, in tal caso, la procedura non è tenuta al versamento dell’imposta, che resta a carico dell’Erario (cfr. circolare n. 12/E dell’8 aprile 2016, paragrafo 13.1).
 
Si ritiene, invece, che l’obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, permanga, in capo al cessionario/committente, negli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis della legge fallimentare e nei piani attestati ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge medesima. Tali istituti, infatti, non sono qualificabili come procedure concorsuali in senso stretto, in quanto mancano sia del carattere della “concorsualità”, sia di quello dell’ “ufficialità”. Il cedente/prestatore, pertanto, può portare in detrazione l’IVA, nella misura esposta nella nota di variazione, mentre la controparte è tenuta a ridurre in pari misura la detrazione che aveva effettuato, riversando l’imposta all’Erario (cfr. circolare n. 12/E del 2016, paragrafo 13.2).
 
L’anzidetto obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata, resta, inoltre, in capo al cessionario/committente, nelle ipotesi di procedure esecutive individuali infruttuose, richiamate al comma 3-bis, lettera b), dello stesso articolo 26 del DPR n. 633 del 1972.
 
Definitività della procedura. Ulteriore variazione (in aumento)
 
Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972 – introdotto dall’articolo 18, comma 1, lettera d), del Decreto Sostegni-bis – prevede che «nel caso in cui, successivamente agli eventi di cui al comma 3-bis», e quindi successivamente all’emissione della nota di variazione in diminuzione, «il corrispettivo sia pagato, in tutto o in parte, si applica la disposizione di cui al comma 14», ossia l’obbligo di mettere una di variazione in aumento. «In tal caso, il cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di cui al comma 5 ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione in aumento».
 
Si precisa che, nel caso in cui successivamente il creditore riceva il pagamento, in tutto o in parte, il diritto di detrazione dell’imposta indicata nella relativa nota di variazione in aumento – ai sensi del citato comma 5-bis – previa registrazione della stessa, sorge solo in capo ai cessionari/committenti che, in forza del primo periodo del comma 5, hanno in precedenza operato la rettifica dell’imposta in aumento e versato la stessa.
 
Facendo seguito all’esempio esplicativo di fallimento del debitore di cui sopra, si può ulteriormente ipotizzare:
 
  • 10 giugno 2026: definizione del piano di riparto della procedura fallimentare del debitore che prevede il pagamento parziale al creditore del corrispettivo pattuito, per un ammontare complessivo pari a € 30.000, ossia per un importo superiore a quello rettificato in diminuzione (comma 3-bis);
  • 18 giugno 2026: pagamento del corrispettivo come da piano di riparto;
  • 30 giugno 2026: termine ultimo per emettere la nota di variazione in aumento ai sensi del comma 5-bis; il creditore emette nota di variazione in aumento per € 24.590 di imponibile ed € 5.410 di imposta;
  • 16 luglio 2026: termine della liquidazione di giugno 2026 (per i contribuenti mensili), alla quale fare concorrere l’imposta afferente la nota di variazione in aumento, ossia una imposta a debito pari ad € 5.410; oppure
  • 20 agosto 2026: termine della liquidazione del secondo trimestre 2026 (per i contribuenti trimestrali), alla quale fare concorrere l’imposta afferente la nota di variazione in aumento, ossia una imposta a debito pari ad € 5.410.

Mancata emissione della nota di credito e recuperabilità dell'imposta

L'Agenzia delle Entrate nella circolare 20/E del 29/12/2021 ha precisato che il superamento del limite temporale previsto dal legislatore per l’esercizio del diritto alla detrazione – rinvenibile dal combinato disposto degli articoli 26, commi 2 e seguenti, e 19, comma 1, del Decreto IVA – non implica, in via generale, che il recupero dell’imposta non detratta possa avvenire, alternativamente, presentando, in una fase successiva, la dichiarazione integrativa a favore di cui all’articolo 8, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, contenente la riduzione non operata dell’imposta, o un’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 30-ter del Decreto IVA. Essai ritiene, infatti, che il decorso del termine previsto in capo al creditore per poter operare la variazione in diminuzione non possa legittimare lo stesso, di per sé, ad adottare tali soluzioni, dalle quali, in assenza dei requisiti previsti dalle relative previsioni normative, deriverebbe una violazione dei termini decadenziali stabiliti dalla norma.

In particolare osserva che, nel caso in cui il termine per l’emissione della nota di variazione sia già spirato, non è possibile presentare una dichiarazione integrativa IVA a favore ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis, del DPR n. 322 del 1998 per recuperare l’imposta versata, laddove non si riscontri la presenza di errori ed omissioni cui rimediare (presupposti necessari ai fini della sua presentazione). L’emissione di una nota di variazione in diminuzione è, infatti, una facoltà cui il contribuente può rinunciare. Va detto, infine, che l’emissione di una nota di variazione produce effetti diversi dalla dichiarazione integrativa. Mentre la prima assicura che sia rispettato il principio di neutralità dell’IVA (al diritto alla detrazione in capo a colui che emette la nota di variazione corrisponde, generalmente, l’obbligo di iscrivere l’imposta a debito per chi la riceve), la dichiarazione integrativa consente il solo recupero dell’imposta versata in misura superiore ma non anche il riversamento da parte di chi l’ha detratta.
 
Per quanto concerne l’istituto disciplinato dall’articolo 30-ter del decreto IVA, si ritiene che, trattandosi di una norma residuale ed eccezionale, questo trovi applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (nel caso di specie, l’emissione di una nota di variazione in diminuzione). Deve ritenersi, quindi, che tale istituto non possa essere utilizzato per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo. La possibilità di ricorrere al rimborso viene  riconosciuta, invece, laddove, ad esempio, il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del DPR n. 633 del 1972. Laddove, pertanto, siano spirati i termini per l’emissione della nota di variazione, nell’impossibilità di presentare una dichiarazione integrativa IVA a favore ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis, del DPR n. 322 del 1998, per recuperare l’imposta a suo tempo versata, il contribuente, in presenza dei presupposti applicativi, potrà avvalersi dell’articolo 30-ter del DPR n. 633 del 1972.
 

Riferimenti normativi:

  • Art. 6 DPR 633/72;
  • Art. 23 DPR 633/72;
  • Art. 26 DPR 633/72;
  • Circolare 77 del 17/04/2000;
  • Interpello n. 17 del 2020;
  • Art 18, comma 1, del decreto legge 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. Decreto Sostegni-bis),convertito dalla legge 23 luglio 2021, n. 106;
  • Circolare 29 dicembre 2021, n. 20/E;
  • Interpello 50/2022;